mercoledì 21 agosto 2013


Raffiora alla mente un'alba, o più albe, di anni addietro.
Erano giorni di calura estiva quelli e papà e lo zio spesso si trattenevano a lavorare anche di notte per aumentare il salario con qualche straordinario mentre la vita per noi scorreva spensierata, riuniti tutti insieme a casa a Le Conche. C'erano la mamma e la zia con il loro chiacchiericcio incessante, mia cugina Debora, già adolescente, con il suo mondo intimo e i suoi anni da imitare, mio fratello Stefano, il piccoletto del gruppo e infine c'eravamo noi: io e mio cugino Francesco, complici di giochi e di scoperte.
E proprio in una di quelle sere, all' improvviso, mia madre e mia zia decidevano che avremmo dormito tutti nella stessa casa e per noi quella era gioia autentica. Erano notti magiche in cui il tempo era misurato, ogni singolo attimo avvalorato e del futuro non esisteva che una parola allora priva di senso.
In genere dormivo in camera con Francesco, ma non ricordo se Debora dormisse con mia zia e mio fratello con mia madre... i ricordi sono labili.
L'ora in cui tutti andavano a letto era fatta per il silenzio e, tra rumori che scolpivano l' aria, io e Francesco ci raccontavamo segreti e pianificavamo l'inizio del giorno nuovo. Francesco prendeva la sveglia, puntandola alle cinque. L' idea di di vedere quella palla infuocata alzarsi nel cielo ci animava, quasi fossimo sul punto di carpire l'essenza dell'esistenza, di svelare un segreto che poteva manifestarsi solo a pochi buoni volenterosi come noi.
E alle cinque Francesco mi svegliava dicendomi di restare in silenzio e di seguirlo. Si trattava di fare solo qualche passo dalla stanza sino al bagno e lì, alla finestra, addossavamo le nostre teste curiose mentre lo spettacolo accadeva, miracolosamente, come ogni giorno.
Il cielo buio cominciava a schiarirsi piano piano, poi si tingeva di rosso e infine sbucava il sole tanto atteso. Quello era il momento in cui esclavamo insieme, con gli occhi raggianti: “Oh l'alba!”.
Poi ritornavamo al silenzio sacro e, con il cuore pieno di meraviglia, ce ne tornavamo a dormire con l'anima leggera.