giovedì 22 gennaio 2009

PIOGGIA DI LISBONA


A volte una doccia bollente la mattina non è abbastanza per lavare via anche la pelle, per dimenticare chi sei, per lasciar cadere il dolore che ti porti addosso, e quella solitudine senza fine che ormai ti è quasi compagna. E allora esci e vedi la pioggerella di Lisbona, fitta, talvolta sottile, talvolta pungente, e ti senti tutt'uno con il clima che respiri, ignota e triste, con le lacrime che sembrano nascere dalla gola e spingersi fin su sugli occhi, timorose di cadere.
Mi sono truccata un po' stamattina, abitudine che avevo perso in questi giorni. Ho bisogno di una maschera, una di quelle artigianali migliori. Bisogna socializzare, socializzare, socializzare..e poi ancora parlare parlare, parlare, ma si rimane distanti. Non uno sguardo in profondità che mi faccia sentire a casa (a parte la "famiglia portoghese" che è un dono dal Cielo dei primi giorni ad Almada), che mi guardi l'anima.
"La vita è tutta una questione d'abitudine" mi ripete sempre mia madre. Cerco di tatuarmelo sulla pelle; è vero, nonostante alcuni dolori emergano così all'improvviso a lasciarti disarmata e l'abitudine è nuovamente pregiudicata. Non sono fatta per le abitudini io. Per la mia dannata voglia di vivere sempre tutto, senza perdermi niente, per assaporare e conoscermi sino in fondo, sfiornado e a volte toccando il dolore. Forse a volte ci provo gusto. Eppure mi volto e per il mio desiderio di vita, la gente mi volta le spalle e va via...Capisco, mi esce un sorriso finto sul viso, carico di dolore, e avanzo...

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